Che Guevara tra la guerriglia e le T-shirt
Questo "stalinismo" del Che (che ha imbarazzato e imbarazza i suoi apologeti libertari e libertini) derivava probabilmente dal fatto che il suo retroterra di base razionalista, scientista e positivista lo portava ad essere notevolmente affascinato dalla pretesa "scientificità" del marxismo ortodosso, e in Stalin vedeva il più grande campione di questa ortodossia "scientifica" del marxismo, oltreché dell'opposizione più radicale e oltranzista alla borghesia capitalista. Ciò lo porterà anche ad attacchi frontali verso il trotskismo, la principale "eresia" condannata a suo tempo dalla Terza Internazionale staliniana.
D'altronde, come iniziamo a vedere, Che Guevara era distante dal santino radicale che ha proliferato dopo la sua morte. Sotto le bandiere sessantottine, vi fu persino qualche cattocomunista idolatrante che quanto ad accostamenti giungeva a scomodare nientemeno che il Signore in persona, in virtù di una certa somiglianza fisica e della presunta anima "redentrice" di entrambi. Fu lo stesso Guevara a rispondere per le rime:
"Mi si paragona a Gesù, ma il paragone è impreciso. Lui si è fatto mettere in croce ed è morto, io chi mi vuol mettere in croce lo crivello di proiettili prima che possa farlo!"
Ma Che Guevara d'altronde disse anche:
"L'odio come fattore di lotta, l'odio intransigente contro il nemico, che permette all'uomo di superare le sue limitazioni naturali e lo converte in una efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere. I nostri soldati devono essere così. Un popolo senza odio non può vincere."
Qualora questa citazione venisse mostrata, omettendone l'autore, ad uno degli apologeti woke dell'icona guevariana, probabilmente ne sarebbe indignato e l'attribuirebbe a Hitler. Eppure, era il Che che parlava, e a muoverlo era l'idea coerentemente marxista secondo cui la futura redenzione del proletariato internazionale non potrà venire che da una fomentazione dell'odio di classe. Questo è uno dei fattori che rendono radicalmente inconciliabile la "morale" marxista e quella cristiana, ad esempio, al di là dei discorsi superficiali dei cattocomunisti di ieri e di oggi.
Eppure, ugualmente guevariane (e sincere) sono anche citazioni di ben altro tenore:
"Fremo d'indignazione profonda ogni volta che vengo a contatto con un'ingiustizia ed una sofferenza in qualsiasi parte del mondo."
Andremo a breve a spiegare questa apparente contraddizione di tono. Ad ogni modo, il persistente oscillare di Guevara tra radicalismo e stalinismo è ancora evidente nell'iniziale simpatie per il presidente radicale del Guatemala, Arbenz. Proprio in questo periodo, peraltro, fa la conoscenza di Hilda Gadea, un'intellettuale esiliata per le sue idee comuniste, che diventerà la sua prima moglie. Ma anche del giovane cubano Fidel Castro, con cui nascerà un'intesa destinata a durare e a portare alla rivoluzione cubana. Dopo la parentesi in Guatemala e un'altra breve in Messico, il Che arriva finalmente a Cuba, dove Raùl Castro lo mette in contatto con Fidel, che ha intanto fondato il Movimento 26 luglio determinato a rovesciare il governo militare di Fulgencio Batista.
Ma proprio questi elementi emergono nella condotta di Che Guevara. Idealista sincero e disinteressato, che si concepiva quale vero e proprio sacerdote della religione rivoluzionaria, Che Guevara si mantiene perfettamente onesto e pulito. Ad interessarlo è solo la causa redentiva del comunismo, non il successo personale né men che meno l'arricchimento. Sostiene, nell'apice del proprio idealismo collettivista dogmatico, che: "La singola persona non vale nulla. L'importante è la Rivoluzione". Rifiuta lauti incarichi governativi nel nuovo governo castrista, non compra alcun lussuoso rolex come farà il sodale Fidel (in futuro titolare di un patrimonio personale di 900 milioni di dollari), e rimarrà semplice fautore del processo marxiano. Con tutto ciò che concerne. E' a questo periodo che risalgono i suoi processi sommari a danno dei contadini proprietari che non vogliono cedere la propria terra per la radicalissima riforma agraria di Fidel, nel segno dell'uguaglianza coercitiva del marxismo, e di tutti coloro che sono sospettati di solidarietà passata con l'abbattuto regime batistista. Alle polemiche che divampano nell'opinione pubblica americana e occidentale riguardo a tutto ciò, Che Guevara risponde che "sì: stiamo fucilando e continueremo a fucilare. [...] Per il socialismo dovranno scorrere fiumi di sangue!".
Secondo la lettura edulcorante, Che Guevara lascia Cuba in dissenso con Castro perché quello cubano sta degenerando in un regime dispotico e dittatoriale. In realtà, come ormai probabilmente avrete capito, il Che era lontano da questa sua caricatura radical-libertaria e anarcoide. Da esponente del regime cubano, fa la conoscenza di Mao Zedong e Kim Il-Sung, dittatori neostalinisti di Cina e Corea del Nord, e instaura con loro un rapporto di perfetta consonanza. In parte, anzi, è proprio per stalinismo che matura la sua critica all'amico Fidel: diffida infatti del suo avvicinamento all'Unione Sovietica di Nikita Chruscev, che aveva criticato gli errori dello stalinismo e che a parere di Guevara (e a ragione) voleva estendere sull'isola caraibica un'influenza imperialista speculare a quella statunitense dei tempi di Batista. Va peraltro notato che Castro, in realtà, eviterà l'inconveniente, guidando il movimento degli Stati non-allineati ai due schieramenti, tantoché il regime cubano sopravvivrà al crollo del muro di Berlino e sopravvive tuttora.
Ma la ragione più grande è che Che Guevara non era fatto per essere figura di spicco di una classe dirigente, e decise di seguire la sua vocazione di giramondo determinato ad accendere o assecondare micce rivoluzionarie. Lasciata Cuba, si recherà in Congo e poi in Bolivia, per combattere il regime militare di René Barrientos Ortuño dando manforte alla guerriglia boliviana. Castro, peraltro, lo sostiene attivamente, lungi dall'aver spezzato il loro legame in ragione delle riserve del Che. Ma, catturato da Félix Rodríguez, spia della CIA in Bolivia, fu condannato a morte per ordine diretto di Barrientos. Dinanzi al plotone d'esecuzione, Che Guevara si mostrerà coraggioso, dicendo "Addio figli miei, Aleida, Fidel, fratello mio". La raffica di mitra sarà esplosa da Mario Terán.
Queste le vicende. Che giudizio dare di Che Guevara? I cronisti intelligenti lasciano a Dio e alla Storia giudizi tanto impegnativi, consci che solo loro sono poi autorizzati a chiederne il conto. Ma sulla parabola umana ognuno può farsi un'idea. La mia è che Che Guevara, la cui effimera parabola umana tanto deve ai mali che affliggono da sempre l'America latina, abbia metabolizzato e portato avanti con una soggettivamente sincera determinazione l'opposizione ad una società ingiusta e alienante (quella del capitalismo monopolitistico non solo latinoamericano) secondo gli schemi che conobbe in famiglia (quelli "radicali") e quelli che conobbe nelle sue esperienze rivoluzionarie (quelli comunisti). Peccato che questa medicina fosse persino peggiore della malattia.
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